venerdì 25 maggio 2007
dalle ore 22.00
Les Troubl'amours | Francia.
Simon Ferrari, voce, chitarra e sassofono; Bruno Bernès, derbuka, tambourin, maracas e voce; Emmanuel Ferrari, fisarmonica;
Frédéric Verdel, batteria e chitarra virtuale.
Les Troublamours giocano con la sperimentazione. La loro musica è frutto di una ricerca che coinvolge la musica francese del dopoguerra da Edith Piaf a leo Ferrè, da Jacques Brel a Georges Bressens, passando per Marc Perrone, Pascal Comelade, Nino Rota, Federico Fellini, per la tarantella e la pizzica, attraverso la musica balcanica, e la musica yiddish. Les Troublamours è il risultato di una serie strana di commistioni. Un modo un poco strano di prendere qualcosa da tutti i posti in cui si è stati, mettere tutto insieme e farne un proprio modo d'essere, un proprio stile personale.
Intervista all'ensemble francese.
Per Cupa Cupa li ha intervistati Claudio Prima.
(Claudio Prima) Come nasce il gruppo e come siete arrivati alla formazione attuale?
(Emmanuel Ferrari) Nel 1996, nostro anno di nascita anagrafica, vi era un solo troubl'amour (Simon) che vagava per le strade dei Pirenei col suo organetto di Barberia a raccontare storie e cantare canzoni ai bambini, a volte accompagnato da un giocoliere. Nel seguito il mio arrivo ha segnato l'inizio del lavoro di ricerca musicale e i miei strumenti, organetto e fisarmonica, sono diventati la base su cui la voce di Simon poteva continuare a raccontare cantando con la sua facilità di improvvisare storie e cantarle in rima. Due anni fa si sono uniti gli altri due componenti attuali e Simon ha preso a suonare il sax, così siamo arrivati fino ad oggi nell'attuale formazione e così continueremo per un po' ad agitare i sentimenti (troubler l'amour, ndr)
D. Come definiresti il vostro genere di musica?
R. E' difficile dare un nome al tipo di musica che facciamo, è frutto di una ricerca e di una sperimentazione che coinvolge la musica francese del dopoguerra da Edith Piaf a Leo Ferrer, da Jacques Brel a Georges Brassens, passando per Marc Perrone, per la musica tradizionale del Nord Italia, per la tarantella, la musica balcanica, la musica yiddish. Come vedi è il risultato di una serie strana di commistioni. Il nostro è il modo un po' gitano di prendere qualcosa da tutti i posti in cui si è stati, mettere tutto insieme a farne un proprio modo d'essere, un proprio stile personale. E' una mescolanza che nasce a volte spontaneamente frutto anche delle esperienze diverse da cui tutti noi proveniamo e soprattutto della nostra diversa provenienza geografica, le nostre famiglie sono d'origine italiana, francese e spagnola.
E' più la tensione comunicativa che unisce tutti gli stili che ho citato all'interno della musica che facciamo, la ricerca del giusto equilibrio fra musica e testo. Nel momento in cui Simon quasi alla maniera degli afroamericani usa lo 'slam' per cantare, lì la musica diventa anch'essa testo ora poetico ora comico ora di sfondo politico.
D. Mi parlavi di un progetto che può definire meglio il vostro genere.
R. Sì è il progetto Tadziguinia, il nostro paese di provenienza. E' un paese che non esiste nella realtà ma che per noi rappresenta il luogo ideale da dove provengono tutte le nostre idee, le nostre musiche, i nostri costumi, che in questo modo sono tradizionali ma della tradizione di un paese immaginario. E' un progetto a cui teniamo molto è che per il momento fa parte dei racconti che accompagnano i nostri concerti, il nome è frutto della contrazione di Tarantella Gitano-Guinguette che è il modo con cui ci piace definire la musica che facciamo.
D. Cos'è che accomuna stili musicali così differenti e di provenienza così diversa?
R. Noi viviamo in una realtà che è frutto di provenienze diverse. Nel dopoguerra l'immigrazione in Francia ha creato questi strani fenomeni sociali portando a convivere genti di diversa estrazione e origine che finivano per fondere i loro costumi costruendo un patrimonio tradizionale, nel senso che in mancanza di una radice comune la cultura della tradizione si cerca nello scambio. Ed è proprio quello che noi facciamo. Abbiamo fissa l'idea della musica come nourriture, come il nutrimento delle nostre menti, troppo spesso abituate a mangiare le stesse cose, destinate a perdere il gusto della diversificazione.
Il nostro luogo ideale di rappresentazione è la strada, il luogo dello scambio per eccellenza. In Francia questo concetto si sta perdendo, sta venendo a mancare il senso della convivialità, la gente ha piuttosto paura del diverso e vede solo il lato negativo delle altre culture, tende ad isolarsi. E' per questo che ci piace lavorare per strada ed entrare in stretto contatto con la gente, siamo in contatto e lavoriamo spesso e principalmente con associazioni ambientaliste e operanti nel sociale.
D. Quali sono i vostri progetti per il futuro?
R. E' in cantiere un cd per Ottobre. Vogliamo mettere 'per iscritto' un po' del nostro lavoro fino ad oggi, avvalendoci della collaborazione di altri musicisti, in questo periodo stiamo lavorando per l'aggiunta di un basso tuba. L'anno prossimo saremo in Romania dove resteremo un mese come abbiamo fatto l'anno scorso e quest'anno in Italia, per approfondire lo studio e la ricerca della musica tradizionale locale, in futuro c'è l'idea di andare in Africa. Il progetto più importante resta però la nostra Tadziguina, il nostro paese d'origine.
Home |
Il locale |
CalenDario |
Contatto |
Archivio Iniziative | | IMmagini | Link preferiti | Iscrizione mailinG |
Sito accessibile
Il sito è realizzato in modo da favorire un facile accesso a tutti i visitatori